Scenario
Il tema dell’inflazione continua a svolgere un ruolo centrale sulle prospettive della crescita globale: il Fondo Monetario Internazionale, pur rappresentando nelle sue previsioni di ottobre un percorso discendente dell’inflazione globale (da 8,7% del 2022 al 6,9% nel 2023 per arrivare al 5,8% nel 2024), evidenzia sia che la sua componente core – al netto di energia e alimentari – mantiene un saggio elevato, sia che il ritorno dell’inflazione verso il tasso target del 2% non avverrà prima della fine del 2025.
Su tale contesto gravano inoltre le incognite rappresentate dalle tensioni geopolitiche susseguenti alla continuazione della guerra russo-ucraina e all’apertura di un nuovo fronte di conflitto armato in Medio Oriente dopo gli attacchi terroristici di Hamas a Israele a ottobre 2023.
Il quadro globale della crescita mostra quindi un rallentamento sul quale gravano sia le condizioni monetarie restrittive dettate dalle banche centrali attraverso il mantenimento di tassi di interesse elevati, sia il debole aumento del commercio internazionale, così come pure il calo della fiducia di imprese e consumatori.
Le previsioni del FMI contenute nel World Economic Outlook di ottobre 2023 registrano quindi un consistente rallentamento della crescita globale che passerà dal +3,5% del 2022 al +3% nel 2023 per poi indebolirsi ulteriormente nel 2024 (+2,7%), riflettendo le dinamiche di rallentamento annuo ascrivibili alle maggiori economie avanzate (da +2,6% a +1,5%).
Sulla dinamica di questo gruppo di economie incide in particolare la significativa decelerazione dell’Eurozona (da +3,3% a +0,7%), dove la crescita resta condizionata dalle forti pressioni sui prezzi e dalla stretta monetaria necessaria per contenerle, nonché dalla debolezza della domanda globale.
In particolare, l’area della moneta unica è attesa in rilevante frenata a seguito delle previsioni di recessione che coinvolgono nove Paesi sui venti aderenti, tra cui la Germania (-0,3%).
In relazione alle altre grandi economie avanzate, le previsioni FMI di ottobre indicano una consistente riduzione del PIL per il Regno Unito nel 2023 (da +4% a +0,5%), mentre è stimato invariato per gli Stati Uniti (+2,1%) e in discreta crescita per il Giappone (+2%) rispetto al precedente anno.
Le prospettive per il 2024 per il gruppo delle economie avanzate evidenziano ancora un quadro complessivo di crescita debole (+1,4%), con il passaggio in fase decelerativa degli Stati Uniti (+1,5%) al quale si aggiunge il proseguimento della modesta dinamica per il Regno Unito (+0,6%) e la riduzione della crescita per il Giappone (+1%), mentre si osserverà solo un recupero parziale per l’Eurozona (+1,2%.)
Con riferimento alle economie emergenti, le previsioni del Fondo Monetario Internazionale mostrano un rallentamento di modesta entità nel 2023 (da +4,1% a+4%) con il mantenimento del saggio di crescita nel 2024 (+4%).
In questo eterogeno gruppo di economie, le previsioni per la Cina registrano un recupero rilevante nel 2023 (da +3% a +5,2%), destinato tuttavia a ridursi sensibilmente nel corso del 2024 (+4,2%) dato che non è stata ancora risolta la crisi del settore immobiliare e delle costruzioni, che incide per il 14% sul Pil cinese e per un quinto sull'occupazione totale.
Il quadro complessivo per l’economia italiana registra nel 2023 una convergenza delle stime tra i diversi organismi previsivi, che indicano un trend di rallentamento con scale di intensità poco differenti in termini quantitativi.
Le ultime proiezioni indicano quindi per il 2023 un aumento pari a +0,7% per FMI, Banca d’Italia, Ref e Commissione europea, mentre il documento programmatico di bilancio governativo stima +0,8%.
La differenziazione maggiore riguarda invece il quadro previsivo per il 2024: in particolare, il Fondo Monetario Internazionale stima per l’Italia un saggio di crescita invariato rispetto al precedente anno (+0,7%), mentre viene rivisto in aumento sia dalla Banca d’Italia (+0,8%) sia dalla Commissione europea (+0,9%) che dal Governo nel documento programmatico di bilancio (+1%).
Sul fronte opposto si collocano invece le stime di Ref, le quali indicano per l’Italia un consistente rallentamento del Pil per il 2024 (+0,5%).
Secondo le stime della Banca d’Italia, il quadro macro-economico (in peggioramento dal secondo trimestre 2023) risentirà nel biennio di previsione dell'inasprimento delle condizioni di finanziamento e della debolezza degli scambi internazionali, mentre beneficerebbe degli effetti delle misure del PNRR e del graduale recupero del potere d'acquisto delle famiglie.
L'inflazione al consumo armonizzata calcolata secondo l’indice IPCA si ridurrebbe gradualmente passando al 2,4% nel 2024 (6,1% nel 2023) e all’1,9% nel 2025, riflettendo il rallentamento dei prezzi dei beni all’importazione soprattutto delle materie prime energetiche. La componente di fondo dell’inflazione, al netto dei beni alimentari ed energetici, rimarrà tuttavia elevata nel 2023 (4,6%) inglobando ancora i passati rincari dei beni energetici, e la sua discesa graduale si avrebbe solo nel successivo biennio (2,3% nel 2024 e 1,9% nel 2025).
Nel biennio 2023-2024, l’aumento del Pil verrebbe sostenuto principalmente dal contributo dei consumi (+1,3% nel 2023 e +0,9% nel 2024), che manterrà un saggio di incremento simile anche nell’anno successivo (+1%).
Dal lato degli investimenti, il peggioramento delle condizioni di finanziamento e le condizioni più restrittive di accesso al credito si rifletteranno sulla dinamica complessiva, risultando quindi stagnanti sia nel 2023 sia nel 2024 (+0,5% e +0,3%), per accelerare in misura contenuta solo nel 2025 (+1,3%).